Durante il lockdown, i consumatori hanno apprezzato i brand “che non sono spariti” e le aziende “che hanno deciso di agire”. E’ uno dei dati illustrati durante l’Obe Summit 2020, che ha fatto il punto sull’universo del Branded Entertainment. “In collaborazione con Doxa abbiamo deciso di analizzare i brand nel periodo di lockdown, cercando di capire quale fosse la reazione del pubblico all’evoluzione dello storytelling e dello storydoing. Abbiamo condotto 1500 interviste nel mese di aprile”, spiega Anna Vitiello, Obe Academy Director e Chief Experience Officer di Fuse.
“Il 70% ha indicato almeno un brand, la media è stata tra 2 e 3 brand indicati in maniera spontanea. Ci siamo chiesti per quale motivo siano stati indicati determinati brand. Tra tutte, spiccano solidarietà e attivismo. In generale, vale la regola del fare: è stato scelto chi ha fatto qualcosa di concreto”.
Alcune scelte sono state guidate dalla razionalità e quindi sono stati apprezzati brand che si sono distinti per aver riconvertito la produzione o per aver fatto donazioni. “Altre scelte sono decisamente più emotive, entra in gioco la comunicazione e l’impatto dell’immedesimazione: orgoglio nazionale, messaggi rassicuranti, intrattenimento”, aggiunge.
“E poi c’è un terzo perché: sono stati premiate presenza, vicinanza, prontezza. Essere e agire è fondamentale per diventare o consolidarsi come brand. Le persone hanno premiato aziende che non sono sparite, che hanno comunicato il proprio impegno
“I giovani sono chiarissimi: per loro, il brand non può nascondersi e deve avere un ruolo sociale”, dice evidenziando che nelle fasce di età elevata aumenta il pragmatismo “e negli adulti aumenta la sensibilità verso lavoro e tutele”, evidenzia.