“Quando promuoveremo campagne di responsabilizzazione e non pericoloso proibizionismo?”. A porre la questione è Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di Microbiologia clinica, Virologia e Diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, che sulla chiusura delle discoteche esprime un punto di vista diverso, ritenendo più utile all’obiettivo di lotta alla pandemia la scelta di coinvolgere i ragazzi puntando sulla responsabilità, sul loro ruolo in chiave di alleanza anti-Covid-19.
“Abbiamo esempi sui danni che può fare il proibizionismo – dice all’Adnkronos Salute – Pensiamo all’alcol, o al fumo. Per esempio negli ultimi 30 anni è aumentato del 30% il numero di giovani che fumano, è quasi una sfida. Con l’alcol si è verificato qualcosa di simile. E adesso quello che avevo ipotizzato dopo la chiusura delle discoteche purtroppo sta succedendo: l’effetto è stato che gli assembramenti si sono spostati dalle discoteche alle spiagge e alle ville private, con l’unico effetto negativo di togliere lavoro a impiegati precari, magari stagionali, che lavorano in questi locali”.
Per Gismondo “se lo scopo è sconfiggere fino in fondo la pandemia di coronavirus Sars-Cov-2, allora dobbiamo fare campagne di persuasione e di responsabilizzazione verso i giovani, sennò quella parte sarà persa. A maggior ragione in una fase in cui vediamo che sono proprio loro il gruppo nel quale il virus circola maggiormente. Abbiamo bisogno di loro per risolvere la pandemia e non possiamo usare assolutamente l’arma della proibizione perché otterremo l’effetto contrario”. Quindi, “avanti con controlli ed informazione chiara, le uniche nostre possibilità di coinvolgere i giovani”, conclude.