Covid, mondo locali e ristorazione scende in piazza  

Il mondo dei locali e della ristorazione scende in piazza mercoledì prossimo (28 ottobre). Un’iniziativa organizzata da Fipe Confcommercio per ”ricordare il valore economico e sociale del settore e chiedere alla politica un aiuto per non morire” di Covid. I gestori dei locali occuperanno contemporaneamente le piazze di 10 città italiane capoluoghi di regione: Firenze, Milano, Roma, Verona, Trento, Torino, Bologna, Napoli, Cagliari, Palermo (oltre a Bergamo). Secondo l’associazione a fine anno ”chiuderanno 50.000 imprese, con oltre 350.000 addetti che perderanno il posto di lavoro”. 

Obiettivo dell’iniziativa: ricordare i valori economici e sociali della categoria, che occupa oltre un milione e duecentomila addetti e chiedere alla politica di intervenire in maniera decisa e concreta per salvaguardare un tessuto di 340mila imprese che prima del Covid-19 nel nostro Paese generava un fatturato di oltre 90 miliardi di euro ogni anno. 

“Comprendiamo l’emergenza sanitaria e la gravità del momento, ma è impensabile che l’unica ricetta proposta per contrastare la pandemia sia quella di chiudere tutto o di generare una psicosi di massa”, sottolinea la Fipe. ”Coniugare sicurezza e lavoro è possibile e deve essere l’obiettivo principale del governo e della politica tutta. In questi mesi gli imprenditori della ristorazione e dell’intrattenimento hanno investito tanto in sanificazioni, dispositivi di protezione per lavoratori e clienti e misure di sicurezza all’avanguardia”, facendo ”sacrifici importanti”. Questo mondo, conclude Fipe, chiede ”con forza la possibilità di sopravvivere. In assenza di aiuti economici purtroppo queste imprese soccomberanno”.  

Dopo la nuova ordinanza della Regione Lombardia, che entra in vigore da domani, e che impone il coprifuoco dalle 23 alle 5, Lino Enrico Stoppani, presidente della Fipe di Confcommercio, esprime rabbia e malcontento: “E’ il colpo di grazia su un settore già in ginocchio, non so come ne usciremo. Stimiamo 470 milioni di perdita al mese per ogni mese in cui questa ulteriore limitazione dovesse riguardare le nostre attività”.  

Un’ulteriore mazzata per un settore della ristorazione e bar, che con il lockdown e la lenta ripresa successiva ha già perso 24 miliardi di euro su 86 di fatturato. Per non parlare delle 50mila imprese a rischio chiusura, che adesso rischiano di vedere i numeri impennarsi drasticamente: “Adesso i nodi vengono al pettine – dice Stoppani all’Adnkronos – e se si aggiungono ulteriori limitazioni, il quadro sarà ulteriormente peggiorativo”. L’ordinanza della Lombardia “non ci fa piacere – spiega Stoppani – perché appesantisce ulteriormente un settore che sta già scontando i gravissimi danni derivati sia dalla chiusura obbligata durante il lockdown e dalla lenta ripresa, che nel mondo del pubblico esercizio è condizionata sia dalla mancanza del turismo internazionale sia dall’ampio uso dello smart working, con le attività di ristorazione in generale che sono a regime al 50-60% rispetto alla fase pre-Covid”. 

Quindi osserva: “Pensare di porci contro le ordinanze che sono lineari nell’obiettivo di preservare ulteriori contagi sembra da irresponsabili ma non lo siamo. Rispettiamo i provvedimenti ma occorre fare due considerazioni. Pensavamo che dopo l’esperienza passata, in cui ci aspettava di convivere con la situazione sanitaria, la politica fosse capace di gestire la situazione senza ammazzare il sistema economico di questo Paese. Per quanto riguarda l’efficacia di questi provvedimenti, il mio è un giudizio di parte ma rinnovo delle perplessità”. Per il numero uno di Fipe a parlare sono i numeri: “Se i contagi fossero nei ristoranti – osserva – i numeri si sarebbero impennati molto prima di settembre. Anche il Tribunale di Berlino ha dichiarato di recente che non c’è correlazione tra l’aumento dei contagi e la frequentazione dei ristoranti. Accetto questi provvedimenti se sono accompagnati da misure compensative, come gli indennizzi per mancati fatturati”. 

Il settore, sottolinea Stoppani, esprime disappunto “nel fatto che sia inaccettabile e poco rispettoso che in un Paese civile ci siano quattro provvedimenti di limitazione delle attività di pubblico esercizio emanati nel giro di una settimana. Prima il dpcm di lunedì, poi l’ordinanza della Regione Lombardia che anticipava alle 18 la possibilità di somministrazione di cibo e bevande, poi il secondo dpcm di domenica scorsa e a seguire la seconda ordinanza di Regione Lombardia”. Bar e ristoranti, rimarca ancora Stoppani, chiedono solo una cosa: certezze. “Tutti questi provvedimenti – conclude – disorientano i consumatori azzerando quel poco di sentiment al consumo che ancora era rimasto”. 

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